On Medicine

Anno XV, Numero 1 - marzo 2021

coverImage

IL PARERE DELLO SPECIALISTA

Gestione della malattia di Parkinson in epoca Covid-19: nuove sfide, nuove opportunità

R. Cilia

L’emergenza sanitaria in atto causata dalla pandemia Covid-19 ha necessariamente stravolto i modelli organizzativi di assistenza e cura a livello sia ospedaliero sia territoriale. Servizi di diagnostica rallentati, ambulatori destinati ad altre funzioni, reparti convertiti in aree di assistenza Covid-19 e personale sanitario impiegato nel fronteggiare l’emergenza sono solo le ragioni più evidenti di un rallentamento clinicamente significativo in fase di diagnosi, di presa in carico e di follow-up del paziente con malattia di Parkinson.
La priorità rimane quella di mantenere aperto il dialogo, seppur a distanza, fra medico, paziente e caregiver con l’obiettivo di non vanificare lo sforzo terapeutico fatto nei periodi antecedenti la pandemia e di svolgere comunque, anche se con modalità differenti, le attività di follow-up indispensabili per una patologia complessa quale la malattia di Parkinson.
In questo contesto, l’esperienza di telemedicina dell’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano fornisce interessanti spunti per la “nuova” pratica clinica quotidiana che lo specialista in neurologia è tenuto ad affrontare. Ne parliamo con il dottor Roberto Cilia, neurologo presso l’U.O.C. Neurologia 1 - Malattia di Parkinson e disturbi del movimento della Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta, Milano.

La Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta, pioniere nell’applicazione della telemedicina


“Nella prima fase di lockdown – esordisce lo specialista – è stata avviata presso il nostro Istituto, seguendo le normative dell’Istituto Superiore di Sanità anche relativamente agli aspetti legati alla privacy dei pazienti, un’attività di telemedicina che ha consentito di mantenere una continuità assistenziale tra pazienti e neurologi curanti, assicurando un controllo sulla gestione della terapia soprattutto nei casi più complessi. Il controllo visivo durante la visita virtuale ha consentito un approccio diretto con il paziente, con la possibilità di emettere prescrizioni e impegnative come al termine di una visita reale”.
La Fondazione Besta è stata uno dei primi Istituti clinici e scientifici italiani ad aprire le porte alla possibilità di istituzionalizzare la visita in telemedicina, anche dietro l’impulso del Dr. Roberto Eleopra (Direttore della Unità Operativa Neurologia 1, dedicata alla malattia di Parkinson ed i disturbi del movimento), rendendo questa prestazione riconosciuta a livello regionale al pari di una visita neurologica di controllo, prenotabile con una normale impegnativa.
“La regolamentazione di questa procedura, impossibile con contatti estemporanei fatti via telefono o via videochiamata con applicazioni quali WhatsApp – continua il Dr. Cilia – è stata preceduta da una riorganizzazione dell’informatizzazione del nostro centro, realizzata dall’Istituto di concerto con l’ufficio tecnico, che ha dapprima adattato una piattaforma pubblica a questo scopo e poi creato una piattaforma dedicata, che prevede l’inserimento di credenziali di accesso da parte dei medici e può anche consentire la registrazione delle singole attività”.

La telemedicina come pratica di routine


Certamente è fondamentale che la telemedicina prenda inizio con il coinvolgimento delle direzioni generali degli enti, così da essere sostenuta e garantita da una organizzazione sia tecnica sia burocratica che ne assicuri la persistenza e la fruibilità a lungo termine.
La telemedicina non deve infatti essere intesa solo come attività per le situazioni di emergenza, ma può e deve entrare nella prassi quotidiana dell’assistenza sanitaria, così come succede, per esempio, negli Stati Uniti. Questo può rivelarsi particolarmente utile per i centri di riferimento, ai quali afferiscono pazienti provenienti da tutte la parti d’Italia che potrebbero giovarsi di visite di follow-up a distanza, risparmiandosi l’onere di lunghi e faticosi spostamenti.

La visita di controllo a distanza nel paziente con malattia di Parkinson


Ma quali sono i limiti della telemedicina in situazioni quali quelle dei pazienti con malattia di Parkinson? “La visita in remoto – risponde il neurologo – pone delle limitazioni relativamente alla verifica di aspetti quali, per esempio, il tono muscolare, l’equilibrio, i riflessi osteotendinei o la sensibilità; consente invece di valutarne efficacemente altri quali l’eloquio, la bradicinesia, il tremore e, con inquadrature opportune, il cammino. Anche la somministrazione di test cognitivi e psicologici può essere fatta in telemedicina, coi dovuti accorgimenti”.
Naturalmente in una visita a distanza è fondamentale la presenza di un caregiver che consenta un accesso corretto al software e l’accesso del medico a informazioni anamnestiche e cliniche che non sempre il paziente con malattia di Parkinson è in grado di fornire. “Il mio consiglio – prosegue il Dr. Cilia – è quello di sfruttare la possibilità di utilizzare la telemedicina ma in un setting organizzato, fornendo indicazioni chiare al paziente relativamente alla procedura e un esauriente feedback al termine della visita. A questo scopo trovo particolarmente utile un’iniziativa, il progetto EDUCLIPS (https://bialparkinson.it), che propone delle videopillole informative con suggerimenti pratici dedicati al neurologo che si avvicina alla gestione in remoto dei propri pazienti, con l’auspicio che possa rendere questa pratica sempre più diffusa”.


A cura di
Roberto Cilia
Dirigente Medico U.O.C. Neurologia 1 - Malattia di Parkinson e disturbi del movimento
Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta, Milano