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Cardiologia
Cardiopatie congenite e Fibrillazione Atriale, uno studio permette d’identificare i soggetti a rischio
Uno studio pubblicato online su Circulation ha dimostrato che i soggetti con cardiopatia congenita incorrono in un maggior rischio di soffrire di Fibrillazione Atriale in età giovane-adulta.
Il primo Autore dello studio, Zacharias Mandalenakis, ricercatore di Cardiologia presso l’Accademia di Sahlgrenska in Svezia e consulente presso l’unità Grown-Up Congenital Heart disease (GUCH) dell’Ospedale Universitario della stessa città, svolge assistenza clinica proprio nell’aria delle cardiopatie congenite, conoscendo molto bene la preparazione che molti pazienti effettuano, in termini di esercizio fisico e di attenzione allo stato di salute, favorita dal contatto con lo specialista che viene subito interpellato in caso di sintomi che possano far pensare a una cardiopatia, come respiro affannoso e palpitazioni.
Si ritiene che i soggetti con cardiopatia congenita siano vulnerabili alla Fibrillazione Atriale a causa di shunt residui, di una anatomia anomala dei vasi, di una valvulopatia progressiva, dell’ipertensione e di cicatrici atriali derivanti da precedenti interventi chirurgici al cuore.
Nonostante questa consapevolezza, non era mai stato valutato finora, rispetto a un controllo di riferimento, il rischio di sviluppare una Fibrillazione Atriale o complicanze a essa associate in bambini e giovani adulti con malattia coronarica.
Lo studio di Mandalenakis e colleghi aveva lo scopo d’identificare i soggetti a maggior rischio di complicanze e la ricerca di questi dati è stata effettuata attraverso un controllo incrociato dei dati del registro dei pazienti, di quello delle cause di decesso e del registro totale della popolazione. In questo modo i ricercatori hanno identificato 21.982 persone con cardiopatia congenita (51,6% dei quali di sesso maschile), nate tra il 1970 e il 1993, delle quali 654 hanno sviluppato Fibrillazione Atriale. Sono stati inclusi nello studio anche 219.816 soggetti di controllo (tra i quali si sono avuti 328 casi di Fibrillazione Atriale) abbinati per genere, età e area di residenza.
I soggetti, che sono stati seguiti in follow-up fino al 2011, erano tutti individui nati in un’epoca di grandi progressi sanitari, caratterizzata da sforzi per diagnosi precoci, operazioni cardiache sui neonati, interventi chirurgici ripetuti secondo necessità e così via. Quindi soggetti che avevano ricevuto un’assistenza di qualità, che però avrebbero potuto sviluppare problemi cardiaci o, appunto, Fibrillazione Atriale. Identificare precocemente i soggetti a maggior rischio può garantire l’attuazione di strategie preventive e una maggiore sopravvivenza.
In base ai risultati, i soggetti con la cardiopatia congenita più complessa hanno mostrato il più alto rischio relativo di sviluppare Fibrillazione Atriale: questo rischio è risultato di ben 85 volte più alto rispetto ai soggetti di controllo. In questo gruppo, un individuo su 12 ha sviluppato Fibrillazione Atriale e uno su 10 ha sviluppato Scompenso Cardiaco.
Sommando tutti i livelli di gravità della cardiopatia congenita, il rischio di Fibrillazione Atriale è risultato 22 volte superiore rispetto ai soggetti di controllo. Nei pazienti con cardiopatia congenita e Fibrillazione Atriale, il rischio di Scompenso Cardiaco è stato di 11 volte superiore a quello osservato in soggetti con cardiopatia congenita ma senza Fibrillazione Atriale.
Quattro persone su 10 con cardiopatia congenita hanno subito almeno un’operazione. Il gruppo di soggetti che aveva subìto un intervento mostrava un rischio di sviluppare Fibrillazione Atriale di quasi 4 volte maggiore rispetto ai soggetti con cardiopatia congenita che non avevano subìto chirurgia. Il rischio più alto è stato riscontrato nei soggetti con un difetto del setto atriale, considerato da molti come un difetto cardiaco minore.
Mandalenakis ha spiegato: «in precedenza abbiamo utilizzato la pratica clinica come riferimento, ma con questo studio abbiamo scoperto sottogruppi ai quali dobbiamo prestare particolare attenzione e forse somministrare terapia anticoagulante o antiaritmica per impedire che vengano colpiti da scompenso cardiaco, ictus o morte prematura» aggiungendo «abbiamo bisogno d’identificare coloro che hanno il maggiore rischio di complicazioni: oggi sono giovani adulti e non siamo sicuri di che cosa accadrà quando arriveranno a 50 o 60 anni». Questi soggetti potranno quindi essere presi in considerazione per un monitoraggio più frequente e un’assistenza mirata alla prevenzione di eventi cardiovascolari severi.
Mandalenakis Z, Rosengren A, Lappas G, et al. Atrial Fibrillation Burden in Young Patients with Congenital Heart Disease. Circulation, 2017 Nov 1. [Epub ahead of print]
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