INTERVISTA
Intervista al Dottor Michele Fiore, nuovo membro del Board di On Medicine
Fiore M
A partire da questo numero On Medicine accoglie nel Board scientifico un nuovo membro: il Dottor Michele Fiore, Pediatra di famiglia di Genova.
Il Dottor Fiore svolge la sua attività da più di 20 anni con grande passione e, come membro di diverse Società Scientifiche, è impegnato con successo anche nella formazione e nell’aggiornamento professionale, contribuendo alla realizzazione di attività di informazione ed educazione in occasione di Convegni e Congressi e in favore delle famiglie. Entrando nel Board in qualità di specialista in Pediatria, il dottor Fiore ci offre la possibilità di ampliare le aree di interesse della rivista e di creare ulteriori occasioni di approfondimento e confronto anche in quest’area della medicina, attraverso nuovi contenuti curati da specialisti di grande livello impegnati in quello che, usando le stesse parole del Dottor Fiore, è sicuramente tra i lavori “più belli del mondo”. Vi lasciamo ora alle parole del Dottore, cui diamo un caloroso benvenuto e che ringraziamo di cuore per la partecipazione, certi che la sua adesione al Board contribuirà a dare maggiore prestigio alla nostra rivista.
Dottor Fiore, siamo lieti di presentarla ai lettori di On Medicine come nuovo membro del Board scientifico di On Medicine, in cui entra in qualità di Pediatra. Vuole raccontarci qualcosa della sua attività medico-assistenziale nella bellissima Genova?
Mettiamola così, secondo me senza dubbio il lavoro di Pediatra di Famiglia è il più bello del mondo…a prescindere dal luogo dove viene svolto. Le dico questo perché ho esercitato la mia professione in tre città diverse dall’inizio della mia “carriera”. Ho cominciato la mia avventura di Pediatra di famiglia nel lontano 1996, a quel tempo svolgevo la mia attività alle porte di Napoli presso Casavatore e Arzano, quest’ultimo famoso in quanto assurto alle cronache grazie al libro e al film “Io speriamo che me la cavo”. Questi due piccoli comuni alla periferia nord-est di Napoli mi hanno permesso di entrare in contatto con alcune realtà che mi hanno dato tanto dal punto di vista umano, oltre che professionale. È stata un’esperienza bellissima. Successivamente, era la fine del 2001, mi sono trasferito nella ridente Sanremo e da lì, dopo circa 9 anni, a Genova. In Liguria l’ambiente di lavoro era molto diverso da quello dei primi anni di attività, sebbene fosse altrettanto stimolante. L’aspetto che più amo del mio lavoro è certamente il rapporto umano con le famiglie dei miei assistiti, elemento fondamentale del nostro operato, che noi Pediatri di famiglia cerchiamo di creare sempre e che chiamiamo “rapporto di fiducia”. Costruire un buon rapporto di fiducia con i genitori del bambino che assisti è di fondamentale importanza. Veder crescere un bambino che alla prima visita era un neonato e portarlo fino all’età adolescenziale (quindi instaurare un rapporto che può durare 14-16 anni) è una delle più belle soddisfazioni per noi Pediatri.
Lei è membro di diverse Società Scientifiche e partecipa attivamente alla realizzazione di importanti iniziative in campo medico-scientifico. In particolare ha curato personalmente diverse pubblicazioni destinate allo specialista ma anche alle famiglie.
Sì, in particolare ci sono due Guide pratiche che ho contribuito a realizzare negli ultimi due anni a cui tengo molto: “Le immunodeficienze nell’ambulatorio del Pediatra” e “Adolescenza e transizione. Dal pediatra al medico dell’adulto”. Entrambe queste iniziative editoriali sono state da me ideate, portate avanti dalla Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS), il cui Presidente è il Dottor Giuseppe Di Mauro, e realizzate in collaborazione con altre Società.
Certamente. L’area immunologica pediatrica è un ambito in cui lei ha un’importante esperienza, avendo lavorato per molti anni in questo campo di ricerca.
Si, ho lavorato a lungo nella ricerca clinica di base prima di passare alla Pediatria di Famiglia, conseguendo un dottorato di ricerca in Pediatria a indirizzo immunologico. Mi sono interessato di Immunodeficienze primitive per circa 10 anni, quindi per me la prima delle due guide citate poco sopra ha permesso in qualche modo un “ritorno alle origini”, a un ambito di studio che mi ha dato molto, in termini professionali ma anche personali.
La Guida pratica “Adolescenza e transizione. Dal pediatra al medico dell’adulto” si propone invece come supporto nel passaggio dell’adolescente dalla gestione del Pediatra di famiglia al Medico di Medicina Generale. Che cosa significa esattamente in ambito pediatrico “transizione”, in cosa consiste?
Sono stato curatore e supervisore di questa Guida insieme al Professor Giuseppe Saggese, esperto internazionale dell’argomento “adolescenza”. La fase di passaggio dell’adolescente sano dal sistema di cure pediatriche a quelle dell’adulto, la cosiddetta “transizione”, è un tema in realtà poco esplorato, perciò ci siamo posti innanzitutto il problema pratico di “sistematizzare” l’argomento in modo da renderlo meglio fruibile. La Guida infatti mette a disposizione materiali e strumenti che possono aiutare il Pediatra e il Medico di Medicina Generale a governare la transizione nel modo più consapevole e utile all’adolescente, che si trova in una fase critica in cui può arrivare a comportamenti estremi quali il fumo e l’abuso di alcol e droghe, il gioco d’azzardo, il bullismo, i disturbi della condotta alimentare, le alterazioni della condotta sessuale (con il conseguente rischio di contrarre malattie trasmesse per questa via), l’uso/abuso del web e del sexting. Nella Guida vengono proposti strumenti quali check-list e "schede-patologia" che aiutano ad approcciarsi a queste problematiche. Lo scopo principale è stato quello di dare uno mezzo di facile consultazione, sia per il Pediatra “generalista” (di Famiglia e Ospedaliero) sia per il Medico di Medicina Generale (di Famiglia). Tengo a sottolineare che questa Guida non è un testo di “adolescentologia”, ma è stata fortemente indirizzata alla sistematizzazione e alla creazione di consigli volti all’attività pratica e quotidiana di queste figure professionali. In particolare, con questo strumento ci siamo proposti di definire cosa devono (saper) fare il Pediatra e il Medico di Medicina Generale, come devono accompagnare questa fase di transizione e come è necessario assistere in questo passaggio l’adolescente con malattia cronica.
Come avviene la transizione per un bambino affetto da malattia cronica?
La transizione viene intesa dalla comunità scientifica, a livello internazionale, come la fase di passaggio dell’adolescente affetto da malattia cronica (cronica complessa e rara) dalle cure del Pediatra a quelle del Medico dell’adulto. Il primo capitolo della Guida (dal titolo “La transizione dell’adolescente con malattia cronica, rara o disabilitante”) descrive proprio le problematiche relative al processo di transizione per alcune delle patologie più frequenti, con esempi concreti. Tale passaggio pone importanti problemi assistenziali e, al momento, è frammentario e non pianificato, con il risultato di un possibile peggioramento della patologia di base. Una corretta procedura di transizione è dimostrata favorire e aumentare la compliance alle terapie, con significative ricadute in termini di salute, qualità della vita e riduzione della spesa sanitaria. Una buona transizione rappresenta quindi anche un atto sanitario preventivo, volto ad assicurare le migliori cure nel soggetto affetto da patologia cronica. Questo però vale anche nel soggetto sano perché, in termini di prevenzione, un problema di salute ha comunque ricadute dirette sulla spesa pubblica.
La Guida sulla transizione rappresenta quindi una sorta di strumento che consente di creare un “ponte” di comunicazione tra specialista Pediatra e Medico generalista in una fase imprescindibile della crescita di un soggetto sano. In che modo, invece, si configura la collaborazione con gli specialisti di altre aree terapeutiche? A suo parere è necessario supportare anche quel canale di comunicazione?
Sì, la Guida rappresenta un ponte; è un esempio di come debba essere gestita la “transizione” non solo fra Pediatra e Medico generalista ma fra il sistema di cure pediatriche e il sistema di cure dell’adulto. Questo, per forza di cose, dev’essere realizzato, si può realizzare, solo costruendo una stretta collaborazione fra i vari specialisti (quelli di area pediatrica e i Medici dell’adulto). Per quel che riguarda, invece, il discorso più generale relativo alla collaborazione fra Pediatra e altri specialisti, c’è da fare una piccola premessa. Il Pediatra è già un medico specialista. Egli è specialista delle problematiche (numerose e variegate) che riguardano tutta l’età evolutiva. Il Pediatra di Famiglia entra in contatto con il problema di salute del bambino e, nella stragrande maggioranza dei casi, risolve quel problema (di qualunque natura sia) all’interno del suo ambulatorio. Detto questo, la Pediatria (come tutta la medicina) ha fatto e fa passi da gigante ogni giorno. Si ha bisogno, sempre più, dei cosiddetti “specialisti di branca” sia per tenersi aggiornati professionalmente sia per affrontare tutte le problematiche cliniche, sub/iper-specialistiche. Questo significa che il rapporto, il continuo scambio fra i professionisti della salute, in questo caso del bambino, sono importantissimi, fondamentali. Lo scambio di opinioni e di idee arricchisce tutti. Sviluppare ancora di più il canale comunicativo fra Pediatri di varie branche è uno degli “hot point” della Medicina moderna.
Tornando alla sua attività principale, viene naturale chiedere il suo parere in merito al dibattito in tema di vaccinazioni obbligatorie. In che modo le famiglie italiane stanno rispondendo al decreto vaccinale che le impone?
Il mio ruolo di Pediatra di famiglia mi permette senza dubbio di osservare le famiglie da una posizione “privilegiata”. Per questo posso dire che le famiglie stanno rispondendo molto bene a questo decreto. Nelle prime settimane dalla sua attuazione numerosi genitori mi hanno interpellato per consigli e chiarimenti riguardo all’obbligo vaccinale, per potersi mettere in regola come richiesto. Sono del parere che le vaccinazioni (citando una frase famosa) rappresentino “l’invenzione più grande per la salute delle persone, dopo la potabilizzazione dell’acqua”. Credo che questa legge (perfettibile in alcuni aspetti), che ha fatto discutere l’opinione pubblica, debba e possa rappresentare lo strumento per migliorare l’informazione in campo vaccinale. L’importanza di informare in modo chiaro le famiglie, che naturalmente hanno come scopo principale la salute e il benessere dei propri bambini, dev’essere il faro che guida noi Pediatri, anche adesso che c’è una legge sull’obbligo vaccinale. Parlare con le famiglie, spiegare, ritornare sull’argomento e chiarire nuovamente in caso di bisogno è sicuramente il modo migliore per far sì che si ottengano le coperture vaccinali che sono andate perdute negli ultimi anni.
Intervista con il dottor Michele Fiore
Pediatra di Famiglia, Genova
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