On Medicine

Anno XII, Numero 3 - settembre 2018

coverImage

INTERVISTA

Intervista a Daniele Rizzi

Redazione On Medicine

In questo numero abbiamo avuto la preziosa opportunità di intervistare Daniele Rizzi, fondatore e consigliere della onlus “Golfini rossi”, un’associazione senza scopo di lucro che opera in Tanzania con il fine di sostenere le economie più povere e deboli della Regione attraverso la cooperazione internazionale. Riportiamo a seguire una sintesi della piacevole chiacchierata con questo generoso medico italiano.



Cosa spinge un uomo, un medico, ad andare in Africa per operare nell’ambito della solidarietà?


Inizialmente è stato un evento occasionale e relativamente banale. Le mie due figlie, relativamente giovani, e tre loro amici hanno deciso di provare per una volta una vacanza all’insegna del volontariato e si sono aggregate a un gruppo che ogni anno si recava in Tanzania per visitare gli orfanotrofi sparsi in una vasta regione. Spinto dalle apprensioni della mia consorte e dalle altrettante apprensioni di una amica, madre di uno degli altri ragazzi, io e quest’ultima abbiamo deciso di aggregarci al gruppo.
L’avventura africana iniziava così in una piccola frazione del comune di Cornaredo alle porte di Milano. Era il 2014 e il gruppo partiva per la vacanza di volontariato in Tanzania. Dopo diversi giorni di viaggio, giungeva come prima tappa al Monastero Benedettino di Mvimwa e, affascinato da questo luogo, decideva di fermarsi per tutto il mese di vacanza.
È nato da subito un grande amore per le persone che vivevano in quel contesto e tutto il gruppo ha subito sentito il desiderio di aiutare il Monastero nella sua opera missionaria, per rafforzarlo nel ruolo educativo e sociale a beneficio delle popolazioni povere e disagiate dei villaggi limitrofi. Questo grande sogno ben presto si è trasformato in un’idea progettuale, oggi realtà.
Inizialmente essere un medico non ha determinato il mio reale impegno professionale in quei luoghi, ma mi ha consentito di valutare con occhio più preparato la realtà locale, i bisogni e le enormi carenze dal punto di vista sanitario. Parallelamente la mia amica Tiziana, top manager del mondo bancario, ha subito scatenato tutta la sua abilità nell’individuazione di risorse e progetti realizzabili per aiutare la gente di Mvimwa.


Quel primo viaggio in sostanza cosa le ha lasciato?


La grande voglia di tornare e ritornare più volte in quei luoghi e, soprattutto, tra quelle persone. La moltitudine di bambini e il pensiero che il loro futuro sarebbe stato incerto sotto innumerevoli aspetti della vita, ma soprattutto in relazione alla nutrizione e alla salute, ha albergato nei miei sonni e nei miei pensieri da allora. Poi vi è stato l’incontro con la natura della Tanzania, aspra, selvaggia e bellissima, e l’amicizia con i monaci benedettini africani del monastero di Mvimwa, anime semplici ma determinate nel loro lavoro di aiuto e assistenza delle popolazioni della vasta regione di Rukwa dove il monastero è situato.
Insomma il “mal d’Africa” di cui tanto si parla ci ha veramente contagiato e noi abbiamo via via cercato di contagiare molte altre persone affinché ci seguissero nelle nostre intenzioni.


Quindi cosa avete fatto in pratica per supportare le vostre buone intenzioni?


Nell’ottobre del 2015 nasce la “Golfini rossi onlus”, così chiamata per ricordare le divise dei bambini di alcune scuole primarie africane, un ente senza scopo di lucro www.golfinirossionlus.com. La nostra onlus persegue finalità di solidarietà sociale e sanitaria e opera negli ambiti della formazione, start up di micro impresa a sostegno di economie povere e deboli attraverso la cooperazione internazionale, in particolare a favore delle realtà africane.
L’associazione annovera oggi tra i propri partners scientifici l’Università Campus Biomedico di Roma, l’Università degli Studi di Parma, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA), la Strathmore University di Nairobi e la St. Joseph University di Dar Es Salaam. I partners hanno tutti sottoscritto un Memorandum of understanding che impegna moralmente ciascuna parte alla cooperazione e collaborazione con il Monastero.
La “Golfini rossi onlus” opera attraverso i soci e la community degli "amici della Golfini rossi onlus" che, grazie a un volontariato di studenti universitari e professori, organizzato e definito, assicura lo sviluppo dei processi educativi ed è così che il Monastero, in tempi rapidi, può diventare motore di trasformazione sociale ed economico del proprio territorio di insediamento.
Nell’ultimo anno il nostro progetto si è fatto ancor più ambizioso e, grazie ai partners già citati e, soprattutto, grazie al finanziamento da parte di generosi benefattori, abbiamo acquistato un immobile importante nella città di Sumbawanga e abbiamo anche ricevuto in uso un terreno nella stessa città per realizzare il nostro grande sogno. Inizialmente si tratterà di centri di studio sulla malnutrizione, sui bisogni sanitari e sulla trasformazione alimentare a cui afferiranno docenti, studenti e neolaureati italiani per apportare le loro conoscenze ed acquisirne di nuove. Poi questi centri dovrebbero trasformarsi in vere e proprie scuole di specializzazione o università per i giovani tanzaniani, orientate alle scienze infermieristiche e alla nutrizione.


Ma per quanto riguarda l’aspetto più propriamente legato ai bisogni di salute qual è la situazione dei luoghi in cui operate?


Il monastero benedettino di Mvimwa mette a disposizione della popolazione un dispensario, in quanto gli ospedali più vicini sono molto distanti per i locali e sono raggiungibili solo attraverso strade sterrate mal praticabili nella stagione delle piogge. Il dispensario di Mvimwa si trova nella regione di Rukwa, tra le più povere della Tanzania, poco distante dal lago Tanganika, ed è appunto raggiungibile solo con strade sterrate. Attorno al monastero di Mvimwa gravita un territorio popolato da circa 20.000 abitanti e al dispensario accedono quotidianamente un centinaio di persone (gestanti, puerpere, malati di AIDS e malati generici).
Il dispensario è costituito da due costruzioni. In una vi è un piccolo laboratorio analisi, dove soprattutto si eseguono test rapidi per identificare la malaria, per le gestanti e per l'AIDS; un ufficio, un ambulatorio per seguire la crescita dei neonati e un altro locale-consultorio per le donne gravide.
L'altro edificio, più grande, comprende una decina di piccole camere di degenza dove principalmente stazionano le partorienti durante il travaglio. Vi è un ambulatorio medico, un’astanteria e due salette chirurgiche o sale parto.
Poco distante da queste due costruzioni ve ne è una terza, non ancora ultimata, in cui sarebbero previste 4 camere per gestanti e una sala-ambulatorio di grandi dimensioni.
Le dotazioni tecnologiche comprendono, oltre agli strumenti del laboratorio analisi, un apparecchio radiologico e un ecografo, alimentati con un gruppo elettrogeno, in quanto l’energia elettrica non raggiunge il monastero, così come l’acqua arriva da un piccolo invaso creato dai monaci sulla montagna.


Lei continua a parlare di questo monastero di Mvimwa come di un luogo particolare, ci racconti: cos’è?


Mvimwa è un monastero benedettino e, pertanto, la giornata è scandita da orari e appuntamenti strettamente legati all'aspetto religioso del luogo. Gli ospiti non hanno alcun obbligo di partecipare a tali appuntamenti, ma sono tenuti al rispetto degli orari (la messa cantata dai monaci alle 6,30 del mattino mentre il sole sorge è comunque un’esperienza consigliata). La messa della domenica, anche se in lingua swahili, è un avvenimento importante dove canti, strumenti musicali e balli fanno da contorno alla liturgia.
Durante le ore diurne non vi è corrente elettrica, che viene attivata all'imbrunire, disattivata alle 22 e ripristinata verso le cinque del mattino per circa 1-2 ore.
Per contro, generalmente è attiva la connessione telefonica grazie a un’antenna alimentata da un pannello solare e, ogni tanto, chiedendone l'attivazione e stazionando nei pressi dell'aula novizi, è possibile avere una connessione Wi-Fi.
L'acqua corrente è presente nel monastero ma non è potabile, per bere si utilizza solo l'acqua confezionata, nelle prime ore del mattino è possibile che sia presente un po' di sabbia nell'acqua.
Esiste un grande lavatoio comune dove è possibile lavare e stendere la biancheria.
Nel monastero è presente una sartoria, un meccanico per autoveicoli , una scuola per elettricisti che può risolvere piccoli problemi elettrici o elettronici e, infine, sorge il dispensario medico.
A pochi metri dagli alloggi vi è una piccola costruzione che funziona come un pub e nelle ore serali è possibile sedersi a consumare una bibita o una birra. Nel bosco sovrastante il monastero vive una nutrita colonia di scimmie che, soprattutto nelle ore serali, si avventura verso le cucine alla ricerca di cibo: sono innocue, interessanti e divertenti da osservare.
Parlare, tuttavia, di Mvimwa senza parlare di come lo si può raggiungere è riduttivo. Mvimwa fa parte di una nazione, la Tanzania, tutta da scoprire, non come turisti ma come “ viaggiatori” curiosi di capire un altro mondo e un altro modo di vivere.
La Tanzania è un paese vasto, bellissimo e dove la natura è ancora in gran parte padrona.
Dar es Salaam si trova sulla costa dell'Oceano Indiano e verso sud presenta nelle sue vicinanze belle e vaste spiagge. Da Dar è possibile raggiungere Zanzibar che è la meta preferita dal turismo.
Abbandonando Dar verso l'interno si sale di quota verso un altopiano che occupa una vasta regione e raggiunge i 1000 metri .
Si attraversa un'area montuosa (Uluguru mountains) e la città di Morogoro, sede di università e innumerevoli insediamenti di varie congregazioni religiose internazionali. Da Morogoro, procedendo sempre verso ovest, a 280 km da Dar, si raggiunge l'area del parco nazionale Mikumi che viene attraversata per oltre 50 km dalla strada asfaltata che percorre il Paese verso lo Zambia (Tanzam). Lungo questo tratto è molto facile vedere zebre, giraffe, gazzelle e gnu che pascolano a lato della strada e intere colonie di babbuini che la attraversano. Continuando verso ovest si incontra una regione montuosa selvaggia in cui i grandi baobab sono ovunque presenti e che porta alla valle dell'impetuoso fiume Ruaha che dà il nome a questa zona del Paese.
Quindi si raggiunge la città di Iringa, sopraelevata su un pianoro, porta di accesso per un grandissimo parco nazionale bello e selvaggio: il Ruaha appunto.
Questa vasta area di savana e collinare è dapprima popolata da pastori Masai quindi, entrando nella vera e propria area del parco, da una enorme varietà di animali selvaggi (tutti quelli che si vorrebbero incontrare in un viaggio africano). Iringa si trova a circa 490 km da Dar e, per raggiungere l'area del parco, è necessaria un’altra ora di strada sterrata.
Dopo 400 km di strada asfaltata da Iringa si raggiunge la città di Mbeya attraversando un territorio vasto ma non particolarmente rilevante dal punto di vista naturalistico. Mbeya si trova a 1.700 m di altitudine su uno dei versanti del ramo occidentale della Great Rift Valley africana.
La regione di Sumbawanga e Mvimwa si trovano proprio in questa valle subito a ridosso del lago Tanganica (uno dei più profondi del pianeta).
Da Mbeya a Sumbawanga (420 km) si lambisce il posto di confine con lo Zambia a Tunduma, non particolarmente bello ma interessante per la moltitudine di gente e traffici commerciali che vi si svolgono. Man mano che ci si allontana dalla costa i villaggi sono sempre più "selvaggi" con rara energia elettrica e ancor più rara acqua potabile se non nei pozzi disseminati tra un villaggio e l'altro.
Sumbawanga è l'ultima cittadina che si incontra e che ora si può raggiungere su strada asfaltata. Da qui il territorio diventa più vario e la savana viene sostituita da colline e poi montagne rocciose tra cui è incastonato, a circa 1.800 m, il monastero di Mvimwa, che si raggiunge dopo un’ora e mezza o due di strada sterrata.


Si sente il “mal d’Africa”, ma le vostre prossime iniziative in campo sanitario quali saranno?


A breve sarà avviata una fase pilota di work camp sanitario per andare ad assistere le oltre 20.000 persone nei villaggi, recuperando censimenti di bambini non registrati all’anagrafe di stato, in accordo e con la collaborazione del governo locale. Nei villaggi saranno anche formate persone su tecniche di “primo soccorso”.
Ad oggi sono impegnati 30 studenti di medicina e 8 medici/professori dell’Università Campus Biomedico di Roma e dell’Università degli Studi di Parma per il primo work camp sanitario, che si terrà a partire da ottobre 2018 nel villaggio di Ntemba, 2.000 abitanti e due scuole primarie con oltre 900 bambini.
I work camp sanitari saranno in futuro facilitati da una mobile clinic. In questa iniziativa di progettazione della mobile clinic sono a oggi coinvolti 9 studenti di ingegneria biomedica e 1 ordinario del Politecnico di Milano.
Dopo la fase pilota nei villaggi del Monastero, roll out in tutto il Distretto di Nkasi (280.000 abitanti-103 scuole primarie-80.000 studenti) andando a mobilitare medici e infermieri di Unità Sanitarie del nostro Paese e del loro, confidando di disporre anche della mobile clinic. Previsti a regime 2 interventi all’anno in ciascun villaggio dell’intero distretto di Nkasi cui fa capo il monastero di Mvimwa.


Per concludere, cosa vuole trasmettere ai suoi colleghi?


La nostra professione oggi spesso genera frustrazioni, a volte si perdono di vista gli obiettivi che ci si era prefissati, a volte invece ci si sente appagati per il loro raggiungimento e non si trovano nuovi stimoli. Comunque sia, il mondo che si incontra in Africa è una realtà così diversa, così stimolante e così affamata di risposte che può soddisfare le attese professionali di tutti. C’è ampio spazio per progettare e pensare un futuro migliore per tanti nostri simili che meritano di crescere e prosperare nel loro meraviglioso Paese. E vorrei chiudere con una citazione: “Se vogliamo che un altro mondo sia possibile, l’unica cosa da fare è vivere come se già esistesse”