INTERVISTA
Intervista a Marco Bitelli
Redazione On Medicine
La comunicazione medico-paziente ha visto sempre più riconosciuto il ruolo primario che le spetta; sono ormai numerose le evidenze cliniche, infatti, che confermano come una positiva interazione tra queste due figure eserciti un impatto importante lungo tutto il percorso di cura, a partire dall’iter diagnostico fino agli outcome terapeutici. Ne abbiamo parlato con il dottor Marco Bitelli, urologo presso l’Ospedale S. Sebastiano Martire di Frascati e delegato per le macroregioni della Società Italiana di Andrologia (SIA), che ha partecipato a un talk show sull’argomento, svoltosi nell’ambito del XXX Congresso dell’Associazione Urologi Italiani (AURO), coordinato da Roberto Sanseverino (presidente AURO) e Roberta Ceccarelli (psicologa, Bologna).
Dottor Bitelli, che ruolo attribuisce alla comunicazione con il paziente, e ritiene che ci sia stata un’evoluzione in questo ambito?
Con il passare degli anni si è sicuramente assistito a un miglioramento della comunicazione con il paziente legato anche al fatto che spesso, grazie ai mezzi di comunicazione oggi disponibili, il paziente si presenta al medico già informato sulla patologia sulla ha la necessità di avere conferme. Il medico oggi si deve quindi impegnare di più nell’aspetto comunicativo, perché si trova di fronte a un paziente informato e consapevole. Entra in gioco a questo punto l’empatia, che si affianca alla capacità professionale: un tempo il paziente si affidava ciecamente a un medico solo per la sua fama, oggi si aspetta un rapporto di fiducia e collaborazione reciproca.
Nella pratica clinica, si sofferma nello spiegare al paziente come gestire la terapia?
Sì, lo faccio di routine, e credo che questa prassi sia oramai adottata dalla maggior parte degli specialisti proprio perché è assodata l'importanza della spiegazione al paziente del percorso terapeutico o, nel caso di un intervento chirurgico, del percorso pre- e post-chirurgico. Così come è fondamentale soffermarsi su come gestire le terapie successive all’intervento.
Secondo lei la comunicazione con il paziente meriterebbe uno spazio durante la formazione universitaria?
Direi proprio di sì; è un aspetto che riveste una posizione importante nella gestione del paziente; quindi, a livello universitario sarebbe opportuno dedicargli se non un vero e proprio esame, almeno dei corsi di approfondimento. Molte società scientifiche li fanno; noi come Società di Andrologia ne abbiamo sviluppati nell'ambito di patologie come la disfunzione erettile o l'infertilità. È indubbio che una buona comunicazione aumenta l’efficacia di una terapia, consentendo di migliorare gli outcome.
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