INTERVISTA
Intervista ad Amedeo Epaminonda
Redazione On Medicine
L’epidemia da Covid-19 ha frequentemente compromesso la gestione dei pazienti affetti da patologie croniche, come i diabetici, che hanno subito le conseguenze della riorganizzazione dei Centri ospedalieri. Molti Centri hanno dovuto interrompere o ritardare le visite di follow up, con immancabili ripercussioni negative sul controllo dello stato di salute dei soggetti coinvolti. Esistono tuttavia alcune realtà che sono riuscite a mantenere una continuità nella gestione dei pazienti anche durante l’emergenza sanitaria; il dottor Amedeo Epaminonda, diabetologo presso il Poliambulatorio di Diabetologia dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Siracusa, ci racconta in che modo.
Dottor Epaminonda, quanto ha influito la situazione epidemiologica correlata alla pandemia sulla sua attività quotidiana?
Devo dire ben poco; io esercito la mia attività a livello ambulatoriale, che non prevede contatti con pazienti Covid dato che l’accesso al nostro ambulatorio è consentito solo su appuntamento e prevede un pretriage per tutte le valutazioni del caso.
Le misure di contenimento dell’infezione non hanno portato a una riduzione degli accessi come in molte realtà dell’ambito della prevenzione e gestione dei malati cronici?
Non abbiamo riscontrato un impatto sul numero degli accessi né durante la prima ondata né durante quella più recente. I nostri pazienti con diabete di tipo 2 hanno comunque potuto essere seguiti soprattutto se scompensati, a conferma dell’importanza del follow-up svolto dalle strutture presenti sul territorio. Un ruolo fondamentale in questi momenti è stato svolto odalla telemedicina, che ci ha permesso di seguire comunque i pazienti a distanza.
Il ricorso alla telemedicina è stato una conseguenza dell’epidemia o era una prassi che già utilizzavate?
È stata una conseguenza, ci siamo dovuti organizzare per assicurare ai pazienti la continuità terapeutica soprattutto relativamente ai piani terapeutici e al monitoraggio. Io ho sfruttato il mio account di posta elettronica per ricevere dai pazienti i risultati degli esami e le richieste dei medici curanti; provvedevo così a redarre il piano terapeutico, modificandolo in caso di necessità.
La gestione dei pazienti da remoto ha reso più gravoso il suo lavoro quotidiano?
Durante la prima ondata l’attività ambulatoriale era rallentata perché assicuravamo solo le visite urgenti e quelle brevi; ma il lavoro tramite telemedicina è stato intenso.
Ora che la situazione epidemiologica è migliorata avete mantenuto i contatti con i pazienti tramite la telemedicina?
In piccola parte sì, ma non la vedo come grande risorsa per il futuro perché va a scapito del rapporto diretto medico-paziente. Inoltre nel nostro ambito è fondamentale screenare le complicanze croniche della patologia per la vasculopatia o la neuropatia, per esempio attraverso l’esame obiettivo del piede, ed è quindi fondamentale la presenza del paziente in ambulatorio.
Questo vale sia per i pazienti con diabete di tipo 2 sia per quelli con diabete di tipo 1?
Se il diabetico di tipo 1 ha la diagnosi da più di 5 anni sì; entro i 5 anni dall’esordio della malattia è possibile utilizzare la telemedicina perché ancora non si sono manifestate le complicanze.
Che impatto ha avuto l’epidemia sui pazienti?
La variazione dello stile di vita ha avuto un impatto negativo legato al fatto che le persone si sono mosse di meno, hanno mangiato di più e male e quindi si sono scompensate più facilmente. In occasione del contatto da remoto abbiamo cercato di dare dei consigli per limitare queste conseguenze, educando il paziente a praticare attività fisica seppur con le limitazioni di caso e a mantenere la dieta.
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