On Medicine

Anno XVII, Numero 1 - marzo 2023

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INTERVISTA

Intervista a Michela Rossi

Redazione On Medicine

È proprio vero che, come dice Sherlock Holmes a Watson, nella vita non si finisce mai di imparare. La nota massima di Conan Doyle è stata messa in pratica alla lettera dalla dottoressa Michela Rossi, che dopo aver completato il corposo ciclo di studi previsto per diventare Medico Veterinario ha pensato che valesse la pena di investire un’altra decina d’anni per laurearsi anche in Medicina umana e specializzarsi in Anestesiologia.


Dottoressa Rossi, quali sono le tappe del suo iter formativo e professionale?


Mi sono prima laureata in medicina veterinaria e ho iniziato a lavorare in cliniche per piccoli animali frequentando numerosi corsi in ambito anestesiologico veterinario. Dopo sei anni, ho deciso di approfondire la conoscenza dell’anestesiologia anche in ambito umano, mi sono iscritta alla facoltà di medicina e chirurgia e, una volta conseguita la laurea, alla scuola di specializzazione in anestesia, rianimazione e terapia del dolore. Attualmente sono Dirigente Medico in Regione Lombardia.


Quindi è stata la passione per l’anestesiologia a spingerla a percorrere il secondo iter formativo?


Sì, volevo approfondire il più possibile la materia e acquisire una specializzazione che nella medicina veterinaria italiana non è presente; ho quindi dovuto necessariamente diventare medico per vedere riconosciuta la qualifica di anestesista.


Durante gli studi per la seconda laurea ha praticato la professione di veterinario?


Sì, finché mi è stato possibile ho lavorato come anestesista in diverse strutture per piccoli animali dislocate nel territorio lombardo. Oggi come oggi questo non mi è più possibile.


L’aver studiato medicina veterinaria ha facilitato il percorso di studio di medicina umana?


Dal punto di vista della comprensione dei concetti sicuramente sì. La fisiopatologia e la patologia generale non sono molto diverse, quindi una parte della propedeutica iniziale è risultata più semplice; ho dovuto comunque riprendere in mano argomenti, come la biochimica e la chimica, che da anni non masticavo più.


E il percorso di specializzazione in anestesiologia umana è risultato utile in qualche modo nella pratica anestesiologica veterinaria?


Sì, è stato sinergico; poter approfondire determinati concetti mi ha dato modo di ragionare di più sulla clinica anestesiologica degli animali.


Si sente spesso dire che i veterinari ricordano professionalmente i medici di famiglia di tanti anni fa. Ora che ha alle spalle entrambi i percorsi formativi, concorda con questa opinione?


Nel senso positivo del concetto, sì. La formazione del veterinario è sicuramente meno specialistica, però dà la possibilità di inquadrare meglio il paziente nel suo complesso. Il veterinario ha una visione più ampia delle cose, il medico è più settoriale.


Un’ultima domanda. Se ricominciando da zero il suo percorso formativo e professionale la mettessero di fronte a una scelta: studiare veterinaria o studiare medicina; che strada intraprenderebbe?


Diventerei medico umano, perché la professione veterinaria è sempre più penalizzata a livello economico. In realtà, entrambe le professioni sono bellissime, e se potessi le eserciterei entrambe.